La violazione della normativa doganale determina la nascita dell’obbligazione doganale nello Stato membro in cui l’infrazione è stata commessa. Se, però, i beni sono stati introdotti nel circuito economico dell’Unione a partire da un altro Stato membro, nel quale gli stessi erano destinati al consumo, l’Iva all’importazione si considera dovuta in quest’ultimo Stato membro.
Nel caso in commento, la domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone un contribuente all’Amministrazione finanziaria tedesca in relazione all’assoggettamento ad Iva dell’importazione irregolare di sigarette nell’Unione europea.
Detto contribuente ha acquistato in Polonia diverse sigarette sulla cui confezione erano apposti unicamente contrassegni fiscali ucraini e bielorussi. Senza informarne le autorità doganali, ha trasportato le sigarette in Germania, dove le ha cedute ad un acquirente tedesco.
A seguito di verifica, l’Autorità tedesca ha richiesto il pagamento dell’Iva in Germania, luogo dove sarebbe sorto il presupposto impositivo.
Il contribuente ha, tuttavia, presentato ricorso sostenendo che il luogo di imposizione Iva deve essere la Polonia giacché territorio in cui le sigarette sono entrate nel circuito economico europeo.
La Corte di Giustizia con la sentenza relativa alla causa C-791/22 del 18 gennaio 2024, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha affermato che la direttiva deve essere interpretata nel senso che essa non determina il luogo di importazione dei beni ai fini del loro assoggettamento all’Iva.
E’ vero che quest’ultima ha considerato che, tenuto conto del parallelismo tra l’Iva all’importazione e i dazi doganali, confermato dall’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della Direttiva Iva, un’obbligazione a titolo di Iva può aggiungersi all’obbligazione doganale qualora il comportamento illecito che ha generato quest’ultima permetta di presumere che le merci in questione sono entrate nel circuito economico dell’Unione e hanno potuto essere oggetto di consumo, determinando così il realizzarsi del fatto generatore dell’imposta.
Tale presunzione, tuttavia, può essere ribaltata se viene dimostrato che, nonostante le violazioni della normativa doganale, che determinano la nascita di un’obbligazione doganale all’importazione nello Stato membro in cui tali violazioni sono state commesse, un bene è stato introdotto nel circuito economico dell’Unione nel territorio di un altro Stato membro, nel quale tale bene era destinato al consumo.
In questo caso, il fatto generatore dell’Iva all’importazione si verifica in tale altro Stato membro.
Nella fattispecie in esame, le sigarette sono entrate nel circuito economico dell’Unione in Polonia ed erano destinate al consumo in tale Stato membro, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare. Si dovrebbe quindi ritenere che il luogo in cui è sorta l’obbligazione al pagamento dell’Iva all’importazione su tali sigarette sia la Polonia.
Lo Studio Legale UBFP rimane a disposizione per ogni chiarimento in merito a quanto brevemente sopra esposto.