La Corte di Cassazione, con la recentissima ordinanza n. 14908 del 11 maggio 2022, ha dichiarato l’incompatibilità della disciplina sanzionatoria dettata dall’art. 303 del dpr 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo unico delle leggi doganali – Tuld) con il principio di proporzionalità più volte affermato a livello comunitario dalla Corte di Giustizia.
La decisione in commento trae origine da una contestazione, avanzata dall’Agenzia delle dogane, in materia di classificazione doganale: la società importatrice aveva dichiarato, in sede di importazione, una voce doganale errata, rettificata dall’Ufficio con la liquidazione di maggiori dazi e della relativa sanzione.
Come noto, in materia doganale la disciplina sanzionatoria è disciplinata dall’art. 303 Tuld, il quale stabilisce che se i diritti di confine complessivamente dovuti secondo l’accertamento sono maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione e la differenza dei diritti supera il 5%, la sanzione amministrativa, qualora il fatto non costituisca più grave reato, è applicata secondo i seguenti scaglioni:
- a) per diritti fino a 500 euro si applica la sanzione amministrativa da 103 a 500 euro;
- b) per i diritti da 500,1 a 1.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro;
- c) per i diritti da 1000,1 a 2.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 5.000 a 15.000 euro;
- d) per i diritti da 2.000,1 a 3.999,99 euro, si applica la sanzione amministrativa da 15.000 a 30.000 euro;
- e) oltre 4.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 30.000 euro a dieci volte l’importo dei diritti.
In applicazione di tale normativa, l’Ufficio ha erogato una sanzione amministrativa pari ad Euro 33.000,00 (maggiorata del 10% in considerazione dei precedenti fiscali della società), superiore di oltre il 300% rispetto al maggior diritto di confine accertato (circa Euro 9.000).
La Suprema Corte, richiesta di pronunciarsi sulla legittimità della normativa sanzionatoria testé richiamata, ha confermato la decisione del giudice di secondo grado, laddove quest’ultimo ha disapplicato il provvedimento amministrativo, determinando una sanzione in misura pari al maggior diritto di confine accertato, sulla base del principio di proporzionalità più volte affermato a livello unionale.
In base al richiamato principio, infatti, le sanzioni amministrative irrogate non possono eccedere quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’Iva ed evitare l’evasione.
La Corte di Cassazione, dunque, ha rigettato il ricorso dell’Ufficio delle dogane e confermato la sentenza di secondo grado, dichiarando la disciplina di cui all’art. 303 del Tuld palesemente sproporzionata rispetto alla violazione commessa e ai diritti pretesi.
Lo Studio UBFP rimane a disposizione per eventuali chiarimenti relativi agli argomenti qui brevemente trattati.
Riferimenti: Corte di Cassazione, ordinanza 11 maggio 2022, n. 14908