Con la sentenza 16625 del 4 agosto 2020, la Corte di Cassazione ha chiarito i limiti della responsabilità dello spedizioniere che opera in rappresentanza indiretta in Dogana.
Nel caso al vaglio della Corte, l’Agenzia aveva emesso 28 atti di irrogazione sanzioni nei confronti di un CAD che aveva posto in essere importazioni per conto del proprio cliente, a cui successivamente era stato contestato il reato di contrabbando aggravato e continuato.
L’Ufficio, dunque, aveva emesso gli avvisi di rettifica delle dichiarazioni doganali a suo tempo presentate, ritenendo inattendibile il valore dei beni in esse riportato, per il recupero dei maggiori dazi dovuti, nonchè i predetti atti di irrogazione sanzioni.
In merito alla contestazione avanzata nei propri confronti, riguardante la violazione dell’art. 303, comma terzo, del Tuld (nel testo vigente ratione temporis), il CAD rappresentante indiretto ha sempre invocato la propria buona fede (ossia, l’inconsapevolezza dello “scarto” tra il valore effettivo della merce e quello dichiarato in Dogana su incarico della titolare della ditta importatrice).
Sul punto, la Suprema Corte ha chiarito che lo spedizioniere rappresentante indiretto deve tenere un comportamento “diligente e accorto”, conforme al parametro di diligenza previsto dall’art. 1176, comma secondo, c.c., e che l’eventuale negligenza nelle azioni – ai fini dell’applicazione della relativa sanzione – deve essere indiscutibile e, pertanto, non derivare da mera colpa.
Nel caso in esame, l’Ufficio non ha dimostrato compiutamente, in concreto, in cosa è consistito il comportamento negligente dello spedizioniere, non essendo sufficiente la mera sequenza di precetti asseritamente violati riportata.
La Cassazione, dunque, ha sottolineato che ritenere il rappresentante indiretto responsabile, in ogni caso, riguardo all’esattezza delle indicazioni riportate nella dichiarazione, all’autenticità dei documenti prodotti nonchè all’osservanza di tutti gli obblighi inerenti al vincolo delle merci al regime proprio, equivale ad affermare la responsabilità oggettiva dello stesso, del tutto avulsa dalla verifica del canone di diligenza che questi, quale operatore professionale, è tenuto ad osservare.
In altre parole, “il fatto che la normativa citata preveda che la responsabilità del rappresentante indiretto sia solidale con il proprietario della merce o con l’importatore, non può comportare che le modalità di accertamento della responsabilità stessa – rispetto all’uno e all’altro – procedano in modo identico, a meno che non vi sia una vera e propria compartecipazione tra detti soggetti nell’attività fraudolenta“.
L’arresto giurisprudenziale in commento evidenzia dunque come debba essere tenuta in considerazione la diligenza dello spedizioniere e che spetti all’Ufficio dimostrare puntualmente la sua carenza, al fine di addebitare all’operatore qualsivoglia sanzione.
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