La Commissione tributaria provinciale di Genova, con la sentenza 11 luglio 2019, n. 557, accogliendo il ricorso di una società importatrice difesa dallo Studio, ha disapplicato la sanzione amministrativa prevista dall’art. 303 del DPR 23 gennaio 1973, n. 43 (Tuld), in quanto palesemente sproporzionata rispetto alla violazione commessa e ai diritti pretesi.
Tale norma, com’è noto, stabilisce che se i diritti di confine complessivamente dovuti secondo l’accertamento sono maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione e la differenza dei diritti supera il 5%, la sanzione amministrativa, qualora il fatto non costituisca più grave reato, è applicata secondo i seguenti scaglioni:
- a) per diritti fino a 500 euro si applica la sanzione amministrativa da 103 a 500 euro;
- b) per i diritti da 500,1 a 1.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro;
- c) per i diritti da 1000,1 a 2.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 5.000 a 15.000 euro;
- d) per i diritti da 2.000,1 a 3.999,99 euro, si applica la sanzione amministrativa da 15.000 a 30.000 euro;
- e) oltre 4.000, si applica la sanzione amministrativa da 30.000 euro a dieci volte l’importo dei diritti.
Nel caso di specie, a fronte di un’evasione daziaria di circa 11.000 euro, l’Ufficio aveva irrogato, ex art. 303, terzo comma, lett. d), Tuld, una sanzione amministrativa pari a 15.000 euro per ciascun atto di contestazione, per un ammontare complessivo di 45.000 euro.
Il giudice ha ritenuto tale importo non conforme al principio di proporzionalità di cui all’art. 5 del Trattato sull’Unione europea e all’art. 42, Reg. Ue 952/2013 (CDU), secondo cui “Ciascuno Stato membro prevede sanzioni applicabili in caso di violazione della normativa doganale. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive”.
Al riguardo, la Corte di Giustizia ha più volte chiarito che spetta al giudice nazionale valutare se, tenuto conto degli imperativi di repressione e di prevenzione, le sanzioni irrogate siano proporzionate rispetto alla gravità dell’infrazione. Se così non fosse, il giudice chiamato a pronunciarsi sulla questione può disapplicarle e modularle in misura congrua.
Sulla base di tali principi, la Commissione tributaria provinciale di Genova ha rilevato l’evidente “mancanza di compatibilità tra l’entità della sanzione e il disvalore dell’illecito (quasi il 500% dei diritti da recuperare). La norma, così come strutturata, pone evidenti questioni di compatibilità sia con i principi generali interni che con il principio comunitario della proporzionalità, più volte ribadito dalla Corte di Giustizia, per cui la sanzione non deve e non può risultare eccessiva rispetto all’entità della violazione”.
Con tale motivazione, il Collegio ha applicato una sanzione proporzionata alla violazione commessa, pari al minimo edittale previsto dal primo scaglione dell’art. 303 Tuld (da 103 a 500 euro).