La Commissione tributaria provinciale di La Spezia, con la sentenza 3 dicembre 2018, n. 370, ha affermato che le royalties non devono essere incluse nel valore doganale della merce in assenza di un legame, anche indiretto, tra il licenziante e il fornitore estero, ossia se il licenziatario è libero di scegliere il produttore terzo.
Come noto, ai fini doganali, il controllo deve essere inteso “in un’accezione ampia: da un lato, sul piano della fattispecie, perché è assunto per la sua rilevanza anche di fatto; dall’altro, su quello degli effetti, perché ci si contenta dell’effetto di “orientamento” del soggetto controllato” (Cass., sez. trib., 6 aprile 2018, n. 8473).
Rientrano in tale nozione una serie di situazioni, da valutare caso per caso, elencate, a titolo esemplificativo, dalla Commissione europea, le quali individuano penetranti forme di ingerenza del licenziante su tutta la filiera produttiva e distributiva estera, quali il controllo sulla produzione, sulla logistica e sulla consegna delle merci, sul rifornimento dei materiali, sui possibili acquirenti e sui prezzi di vendita.
Sulla base di tali indicatori, la Corte di Cassazione ha ritenuto che i diritti di licenza devono essere addizionati al valore di transazione qualora il titolare del marchio è dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività (ex pluribus, Cass., sez. trib., 15 ottobre 2018, nn. 25647, 25646, 25645; Cass., sez. trib. 12 ottobre 2018, nn. 25438 e 25437).
In linea con tali sentenze, i giudici di merito hanno precisato che non sussiste legame tra licenziante e fornitore estero se “i licenzianti non impongono i produttori terzi alla licenziataria, non ne indirizzano la scelta e non impongono l’utilizzo di determinati materiali o particolari componenti”.
Ne consegue, pertanto, che se la licenziataria è contrattualmente libera di scegliere il fornitore dei prodotti licenziati senza alcun vincolo, le royalties non devono essere daziate in dogana.